Gli Emendamenti sulla Riforma del Lavoro per Partite IVA e Co.Co.Pro

La Commissione Senato ha approvato, pochi giorni fa, due importanti emendamenti alla Riforma del lavoro, relativi alla tutela dei lavoratori precari, proposti dai relatori Tiziano Treu (Pd) e Maurizio Castro (Pdl).

Il primo intende scoraggiare le false Partite Iva, impropriamente utilizzate da molti datori di lavoro per mascherare rapporti di lavoro dipendenti con false consulenze. A tal fine la proposta presentata ed approvata lo scorso 14 maggio in Commissione Senato, ritiene veritiere e solo le attività professionali svolte con partita iva da parte di soggetti che hanno un reddito minimo annuo lordo pari a 18mila euro, ossia circa 1000 euro netti al mese. Al di sotto di questo reddito i datori di lavoro saranno tenuti ad assumere il professionista con contratto di lavoro a tempo indeterminato, in maniera automatica.

Diversamente il reddito dichiarato dal lavoratore al di sopra dell’importo minimo fissato non impone al datore di lavoro alcun vincolo di assunzione. L’emendamento introduce, inoltre, altri due elementi importanti: il primo attiene alla durata della collaborazione che non può superare gli otto mesi annuali con lo stesso committente, il secondo alla presenza fisica del collaboratore presso l’azienda. Rispetto a ciò l’emendamento proposto alla riforma Fornero stabilisce che il lavoratore autonomo non può avere una propria postazione nella sede del committente.

Il secondo emendamento alla Riforma Fornero riguarda i collaboratori a progetto (co.co.pro) che, secondo i dati Isfol del 2010, in Italia, sono circa 616mila. Per venire incontro alle esigenze di questa tipologia di lavoratori,  i senatori relatori propongono l’introduzione di un “salario minimo” che dovrà essere commisurato alla qualità e quantità di lavoro effettivamente svolto dal collaboratore e, determinato periodicamente con Decreto del Ministero del lavoro,  sulla base di un calcolo della media tra le tariffe minime applicate per il  lavoro autonomo e quelle dei contratti collettivi nazionali. Inoltre, per tutelare questa tipologie di lavoratori nei periodo di inattività, la proposta prevede un incremento dell’una tantum una sorta di assegno di disoccupazione, pari al 7% del minimale annuo e calcolato sulla base del periodo di lavoro effettivamente svolto nell’anno precedente. Ad esempio, un lavoratore che ha svolto 12 mesi di attività nell’anno precedente avrà diritto ad un assegno di disoccupazione di 6mila euro. 

I requisiti per acquisire il diritto all’assegno di disoccupazione sono: la monocommittenza, un reddito non superiore ai 20mila euro nell’anno precedente l’aver lavorato almeno un mese nell’anno corrente e almeno tre nell’anno precedente.

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