Il lavoro a chiamata, importato da qualche anno anche in Italia è una forma di lavoro particolarmente diffusa negli Stati Uniti da parte delle pubbliche amministrazioni e nel settore terziario. In Europa è diffuso in Olanda e in Belgio, soprattutto per alte professionalità nel settore dell’informatica e della consulenza aziendale.
Introdotta in Italia nel 2003, con la legge Biagi, questa particolarissima forma di lavoro è molto cresciuta negli ultimi anni. Nel nostro Paese, i settori per i quali si ricorre più spesso al lavoro intermittente sono quelli del turismo e della ristorazione in cui si concentra il 60% degli impiegati. La restante quota è occupata nei settori dell’istruzione, della sanità dei servizi sociali e nel commercio.
Il lavoro a chiamata, detto anche lavoro intermittente o job on call, è un particolare tipo di contratto (a tempo determinato o indeterminato), con il quale un lavoratore mette la propria professionalità a disposizione di un datore di lavoro, rendendosi disponibile a rispondere a “chiamata” per lo svolgimento di attività non continuative o per periodi di tempo determinati come ad esempio i fine settimana, le festività o le ferie estive.
Questa tipologia di contratto è disciplinata dagli articoli 33-40 del decreto legge 276/03 che stabilisce le modalità di accesso e svolgimento di questa particolare tipologia di lavoro. Secondo la norma i contratti di lavoro a chiamata possono essere stipulati solo per prestazioni di lavoro svolte dai giovani sotto i 25 anni o lavoratori di età superiore ai 45 anni, anche se pensionati.
Relativamente alla forma contrattuale, al lavoratore intermittente deve essere riservato lo stesso trattamento normativo, economico e previdenziale dei colleghi, ovviamente ridotti rispetto al tempo effettivamente lavorato. Lo stesso avviene in caso di malattia, infortunio, maternità e congedi parentali. Diversamente a questa tipologia di lavoratore spettano, per intero, l’assegno per il nucleo familiare e l’indennità di disoccupazione, nel caso il lavoratore sia tenuto, da contratto, all’obbligo di risposta. In quest’ultimo caso, il lavoratore intermittente si impegna a restare a disposizione del lavoratore in attesa della chiamata e, in virtù di tale disponibilità, il datore di lavoro è tenuto a corrispondergli una indennità mensile di disponibilità.